James Wan – da Saw e Insidious al Conjuring Universe e Aquaman

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Nico Parente – Edoardo Trevisani

James Wan

da Saw e Insidious al Conjuring Universe e Aquaman


james wan da Saw e Insidious al Conjuring Universe e Aquaman di Nico Parente e Edo Trevisani © degli Autori dei testi © Solone srl per questa edizione © degli aventi diritto per le immagini utilizzate Collana: Narrativa, 22

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Nico Parente e Edo Trevisani

James Wan

da Saw e Insidious al Conjuring Universe e Aquaman


capitolo 2

Saw – Il gioco ha inizio… Ottobre 2004. Nelle sale statunitensi fa il suo ingresso un nuovo movie maniac: Jonathan “Jigsaw” Kramer (Tobin Bell). Anche noto come “l’Enigmista”, Jigsaw è il protagonista del film diretto dal semi-esordiente James Wan, scritto e interpretato da Leigh Whannell e tratto dall’omonimo cortometraggio che ha decretato la fortuna di entrambi. Nelle parole del regista sarebbe stato proprio lo short che per la prima volta ha portato in scena il fantoccio Billy a permettere infatti a lui e all’amico e collega Whannell di ottenere un lasciapassare per Hollywood. E, in effetti, la Twisted Pictures sembra scorgere in quei dieci minuti di girato il talento del duo, confermato, oltre che dal proliferare di sequel legati al titolo “Saw” (ben sette), dalla fortunata saga horror «Insidious», composta da quattro capitoli e dalla coppia Whannell-Wan sempre ideata e, per i primi due episodi, rispettivamente scritta, interpretata e diretta. Tobin Bell nel ruolo di John Kramer, Saw - L'enigmista (2004), © Tutti i diritti riservati

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Al fianco di Leigh Whannell, nel cast anche Paul Moder, Katrina Mathers e Dean Francis. Fotografato da Martin Smith con le musiche di Robert Cross e Aaron Darcy e montato dallo stesso Wan, Saw presenta la storia di David, un ragazzo rapito e costretto a mettere in gioco la propria vita. Il volto di Tobin Bell non trova spazio nel corto che presenta al pubblico Billy, un fantoccio dalle gote rosse che si muove a bordo di un triciclo e dietro la quale spaventosa maschera si cela non un mero assassino, ma un punitore: un uomo, soprannominato l’Enigmista, elevatosi a giudice morale. Jigsaw non uccide casualmente. L’Enigmista consente alla vittima di riscattarsi per le scelte e le azioni compiute, e lo fa attraverso un gioco mortale. Contrariamente a quanto si immagini, Jigsaw non ricorre all’uccisione quale mezzo per seminare cadaveri e placare la sua sete di sangue. In questo caso “l’assassino”, seppur la definizione nel caso specifico può risultare riduttiva quanto errata, si rivela anzi un grande estimatore della vita, tanto da indurre i malcapitati da lui accuratamente scelti e resi protagonisti di un malsano gioco, a riflettere sul senso della loro esistenza, ormai condannata a triste epilogo. James Wan insieme al pupazzo Billy. © Tutti i diritti riservati

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Kramer, che attraverso lo sviluppo narrativo, scopriremo essere malato terminale, punisce chi non apprezza la vita. Sin dal corto che ha poi fornito l’idea di partenza per un soggetto ampiamente sviluppato, la vittima viene obbligata a confrontarsi con la morte. L’Enigmista dunque non uccide, ma offre una via di scampo in cambio di atti atroci e azioni sanguinarie. In Saw, la locuzione latina «Mors tua, vita mea» sembra fungere da soggetto per lo sviluppo della trama, ponendo l’uomo comune al centro di un granguignolesco teatro dal quale potrà fuggire soltanto dopo essersi sporcato di sangue (suo o altrui). È dunque dai loro sogni e dalle loro paure che Wan e Whannell reperiscono materiale da riversare in una sceneggiatura poi divenuta un cortometraggio. David (Leigh Whannell), malconcio, racconta a un agente di polizia (Paul Moder) di essere stato, dopo il suo turno di lavoro in ospedale come inserviente, colpito e condotto in una grande stanza da uno sconosciuto. David si ritrova legato ad una sedia con una “trappola per orsi rovesciata” sul capo. L’inquietante immagine di un fantoccio, Billy, attraverso uno schermo gli comunica che la chiave per sbloccare il dispositivo si trova nello stomaco del suo compagno di cella morto (Dean Francis). In preda al panico, David si libera dalle cinture che lo costringono alla sedia, ma alzandosi attiva il timer posizionato sul retro del dispositivo. Dall’altra parte della stanza, il corpo del suo “compagno di gioco” riverso sul pavimento. David, isterico e terrorizzato, trafigge con forza, servendosi di un bisturi, lo stomaco del malcapitato in realtà paralizzato e non morto... Presentato dai diretti interessati alla Lions Gate Entertainment, che stanzia un budget di 1,2 milioni di dollari, Saw diviene un lungometraggio girato in appena venti giorni. Da un soggetto firmato insieme a James Wan, Whannell tira fuori un agghiacciante copione che avvierà una lunga catena di morti e che darà origine a una saga composta da ben otto capitoli. Per l’occasione, si uniscono allo staff tecnico del regista la scenografa Julie Berghoff e il montatore Kevin Greutert, mentre la colonna sonora è affidata a Charlie Clouser. Leigh Whannell torna a vestire i panni di protagonista, per l’occasione non sarà più David ma Adam, fotografo la cui vita si intreccia con quella del suo “compagno di gioco”, il dott. Lawrence Gordon (Cary Elwes). Wan ci riporta nel sudicio bagno presentato fugacemente nello short e questa volta reso vero e proprio set. Il basso budget e i mezzi limitati, costringono infatti regista e sceneggiatore a prediligere gli interni e a ricorrere perlopiù a un unico ambiente. Adam e Lawrence si risvegliano incatenati nella fatiscente struttura. 17


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I due vengono introdotti come perfetti estranei; in realtà, Adam conosce bene il chirurgo: lo ha infatti pedinato e spiato per diversi giorni per conto di uno sconosciuto che gli ha commissionato il lavoro. Un cadavere riverso sul pavimento, al centro del bagno, separa i due. Entrambi sono prigionieri di Jigsaw, l’Enigmista, che a ciascuno di loro consegna un messaggio tramite un’audiocassetta. Al dott. Gordon viene riservato anche un bonus: una chiave (che ovviamente non apre il lucchetto che lo costringe alla catena) e un proiettile. Mentre Adam viene colpevolizzato di aver sprecato la propria esistenza osservando le vite altrui, l’altro risulta essere la vittima prescelta: Gordon infatti viene incaricato, se vuol rivedere la propria famiglia sana e salva, di uccidere Adam. L’Enigmista fornisce alle sue pedine tutti gli strumenti per dare inizio alla partita con la morte: il cadavere riverso in una pozza di sangue e disposto al centro della sala, stringe tra le mani un registratore e una pistola. Il registratore viene utilizzato dai prigionieri per seguire le istruzioni loro fornite attraverso le note vocali incise sull’audiocassetta. Ha inizio il gioco: chi vìola le regole, muore. Wan già solo attraverso l’accurata scenografia, a cura di Julie Berghoff, mira a infondere nello spettatore disgusto e tensione, il tutto condensato in un ambiente claustrofobico che spegne ogni speranza e infrange qualsiasi ipotesi di lieto fine. Wan ci conduce per mano sul set, ci lascia respirare il fetore di un bagno degradato e sporco misto al nauseabondo odore emanato da un “cadavere”; ci lascia assaporare il sangue, la ruggine, facendoci toccare con mano il seghetto che non serra le catene ma serve a tranciare gli arti. Il regista si serve dell’estetica della violenza in maniera contenuta, ma consente un’esperienza multisensoriale attraverso un’impeccabile descrizione dei luoghi e degli spazi, degli ambienti e delle persone o, nel caso dei suoi esperimenti postumi, delle terrificanti creature che gravitano attorno alle sue trame. Si potrebbe definire come “Wan Universe” quello avviato proprio a partire da questo low budget da gran parte della critica, definito slasher o addirittura splatter, ma prettamente di matrice thriller. In realtà, Saw – L’enigmista è un film non facilmente catalogabile. Se in effetti il thriller, per convenzione, prevede che la trama ruoti attorno alle cruente azioni di un killer seriale, la presenza di un assassino vero e proprio in Saw – L’enigmista non è riscontrabile. È lo stesso Gordon a confermare quanto sopra quando, attraverso un flashback, Whannell ci presenta per la prima volta l’Enigmista. Tecnicamente, Kramer non ha mai ucciso. Offre anzi un’opportunità di salvezza alle sue vittime: come nel caso di Amanda (Shawnee Smith), giovane 18


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tossicodipendente sopravvissuta al suo gioco sanguinario che, interrogata dal detective Tapp (Danny Glover), confessa di essergli persino riconoscente per averla aiutata. Quello di Amanda è un personaggio ambiguo e controverso, che conosciamo attraverso la perfetta ricostruzione della sequenza che, nello short, vede protagonista Whannell intento a liberarsi dalla trappola per orsi posizionata sul suo cranio. Una vera e propria autocitazione del regista e dello sceneggiatore, atta nel film a introdurre il personaggio cruciale di Amanda. Jigsaw per i suoi enigmi impone delle regole precise: un “gioco” con delle istruzioni da seguire. Jigsaw gioca correttamente, non bara e soprattutto offre alle sue vittime un’opportunità: «Vivere o morire. Fai la tua scelta!», il suo motto. Si aggiudica sempre un posto in prima fila, predilige l’arma bianca o comunque quelle non convenzionali e premia coloro che si rivelano capaci di risolvere l’enigma. Con la soluzione, infatti, la vittima dimostra a Kramer il suo apprezzamento per la vita: «Ho una malattia che mi divora dall’interno e sono stanco, stanco di chi non riesce ad apprezzare il dono della vita!». L’Enigmista scopriremo infatti essere affetto da cancro, fattore giustificativo del suo disprezzo verso chi non si dimostra riconoscente nei confronti della propria esistenza, come nel caso di Paul, tipico uomo medio integrato e in buona salute che tenta il suicidio per attirare l’attenzione, o quello di Mark, piromane. La terribile trappola per orsi, uno dei “giochi” di Kramer, Saw - L'enigmista (2004), © Tutti i diritti riservati

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Saw – L’enigmista si muove a metà tra il thriller e il poliziesco, con qualche inserto slasher e senza tralasciare il dramma. Manca l’horror puro, non essendovi rimandi prettamente metafisici, ma Wan e Whannell si rivelano capaci di mantenere comunque elevatissimo il livello di terrore puntando su una situazione reale che potrebbe vedere attore ciascuno di noi. È inoltre con questo seminale lavoro che il regista introduce quelli che diverranno elementi stilistici tipici del suo cinema: recupera il tema della vendetta, presente in quasi tutti i suoi lavori (dai thriller agli horror, sino alla trasposizione cinematografica di Death Sentence); l’assassino non è stereotipato e non uccide per fini materiali o comunque scontati; la casa non è mai un luogo sicuro; gli elementi infantili sono una costante; il fantoccio Billy è il capostipite di una famiglia, quella del “Wan Universe”, alla quale si aggiungeranno Annabelle e il bambolotto di Dead Silence (non a caso di nome Billy). Guardando Saw – L’enigmista, lo spettatore viene reso partecipe: assistendo al “gioco”, ci si sente coinvolti e protagonisti. Whannell fa leva sulle nostre paure e ansie: morte, dolore fisico, ribrezzo, claustrofobia, senso di colpa, ansia, preoccupazione per i propri cari, sono sensazioni comuni, che non escludono nessuno. Le agonie delle vittime sono facilmente percepibili. Tutte sensazioni che ciascuno di noi conosce: la scossa elettrica, il taglio, l’ustione... Osservando il film, ciascuno si cala nei panni di Gordon o Adam, arrivando persino a giustificare il pedinamento di quest’ultimo, inconsapevolmente complice del suo carnefice. Whannell non tralascia la dura critica sociale, facendo della disparità e del classismo un elemento rilevante nel suo script: Adam proviene dalla periferia, è single, vive in uno squallido appartamento e passa le proprie giornate spiando le vite altrui le nel privato. Di contro, Adam detesta e si infuria quando comprende di essere spiato da l’Enigmista. Il dott. Gordon, inizialmente tra i sospettati per via della sua penna luminosa rinvenuta sul luogo del delitto, appartiene alla classe borghese, è erudito, pratica la sua professione con dedizione, ha una famiglia che ama ma si concede relazioni extraconiugali. Pur vivendo in due realtà opposte, entrambi si ritrovano nella medesima situazione, a dipendere l’uno dall’altro. «La fogna scorre anche sotto questo quartiere, dottor Gordon...», così un sospettoso agente Tapp dice al medico rilasciato, facendo riferimento al dentista pedofilo arrestato la settimana precedente e che abitava a due isolati dalla casa di Gordon. A Kramer non importa la classe sociale: un medico dedito al vizio, vale quanto un tossico da marciapiede. Perché la morte non pone distinzione. 20


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Ma quanto è disposto a spingersi oltre un uomo in una situazione altamente rischiosa? L’Enigmista osserva, studia con attenzione la sua prossima vittima per poi rapirla e renderla un attore del suo spettacolo. E, una volta in scena, Kramer continua a osservare: da una fessura nella parete, attraverso la telecamera, persino fingendosi cadavere, come in questo caso. La presenza nella narrazione di un ulteriore protagonista, l’infermiere Zep (Michael Emerson), anche lui pedina su una scacchiera mortale, destabilizza lo spettatore che, soltanto sul finale, si accorge di aver avuto per l’intera durata del film “l’assassino” sotto i suoi occhi. Perché l’Enigmista si aggiudica sempre un posto in prima fila, tanto da fingersi un uomo morto e da godersi in loco la lenta e disperata agonia dei due uomini. Un altro elemento imprescindibile all’interno di Saw – L’enigmista è il fattore temporale: l’inizio del gioco innesca infatti un countdown, sul finire del quale la preda deve aver compiuto quanto ordinatogli, senza barare, se vuole la propria vita o quella dei suoi cari salva. Così, una corsa contro il tempo, come quella che Kramer vive in prima persona lottando contro il cancro. Anche lui ha infatti delle regole ben precise da seguire se vuole vivere e anche lui, come i protagonisti del suo gioco, ascolta la lancetta dell’orologio scandire il tempo cercando di dare un senso alla propria vita.

Leigh Whannell nel ruolo di Adam, Saw - L'enigmista (2004), © Tutti i diritti riservati

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Sarà proprio lo scoccare delle 6:00 che farà entrare nel vivo lo spettatore e i personaggi: Zep infatti, proprio come gli altri due, pur sembrando apparentemente un omicida, scopriremo essere un’altra vittima di Jigsaw: l’infermiere ha infatti nel sangue una dose di veleno a lento rilascio; l’antidoto gli verrà offerto se in cambio ucciderà moglie e figlia di Gordon. Il medico ascolterà le grida delle due tramite un cellulare gentilmente offertogli da Jigsaw con la sola opzione di ricezione. Scopriremo che in realtà a far pedinare Gordon non è stato Kramer bensì Tapp, descritto da David come «un uomo nero con una cicatrice sul collo». Lo sfregio, infatti, è legato a un tragico fatto di sangue durante il quale ha perso la vita l’amico e collega Sing (Ken Leung) mentre davano la caccia a l’Enigmista. L’ossessione per l’omicida e la convinzione che si tratti di Gordon, portano Tapp a pedinare il medico notte e giorno, fattore che determina la salvezza di moglie e figlia del chirurgo: infatti, l’ex agente di polizia osserva a pochi metri di distanza la casa di Gordon, cogliendo in flagrante Zep. Negli ultimi minuti, Saw – L’enigmista condensa una vera e propria massiccia dose di liquido organico: convinto che la sua famiglia sia stata sterminata e ignaro dell’intervento benevolo di Tapp, Gordon in preda alla disperazione si recide la caviglia utilizzando il seghetto. Nel frattempo, Tapp viene raggiunto da un proiettile durante l’inseguimento; una pallottola raggiunge anche Adam, che rimane soltanto ferito e trova ancora la forza per fracassare il cranio di Zep, recatosi nel bagno per uccidere Gordon e quindi rispettare “le regole del gioco”, con la tavoletta del wc. Proprio a Adam spetterà poi confrontarsi con l’Enigmista: mentre Gordon, disperatamente, lascia la stanza strisciando sul pavimento e in cerca di aiuto per non morire dissanguato, l’uomo che credevamo esanime disposto nel mezzo della fatiscente struttura si alza improvvisamente in piedi rivelando al fotografo che «la chiave della catena è nel cassonetto del bagno». Il film si chiude sulle seguenti parole: «Molta gente è poco riconoscente nei confronti della vita, ma tu no. Non più, ora!», e mentre Kramer serra la porta in acciaio, condannando a una lenta agonia Adam, con voce imperante annuncia la «fine del gioco!». Limitandosi nei capitoli successivi a ricoprire il ruolo di produttore esecutivo, James Wan non firma nessun altro enigma, affidando il progetto all’amico Whannell, che scrive le sceneggiature e i soggetti del secondo e terzo capitolo.

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«Un libro necessario su un horror maker necessario!» Paolo Di Orazio «James Wan ha saputo reinterpretare le formule dell’horror e del fantastico con uno stile personale e visionario». Antonio Tentori

isbn: 978-88-94818-74-1

€ 12,00


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